Chiarimenti in tema di anticipo dei trattamenti di integrazione salariale ai lavoratori da parte delle banche

In data 30 marzo 2020 il Ministero del Lavoro, l’ABI, le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali, hanno concluso la “Convenzione in tema di anticipazione sociale in favore dei lavoratori destinatari di trattamenti di integrazione al reddito di cui agli artt. Da 19 a 22 del D.L. n. 18/2020” per far fronte alle difficoltà di carattere finanziario che derivano ai lavoratori, nelle more del pagamento diretto da parte dell’INPS delle indennità dei trattamenti di integrazione del reddito, laddove non vi possa provvedere il datore di lavoro con propria anticipazione, definendo una procedura per l’anticipazione da parte delle Banche che applicano la Convenzione.

 In data 14 aprile 2020 la Regione Toscana ha approvato il “Protocollo Quadro Sostegno al reddito dei lavoratori di aziende in difficoltà” siglato con le Parti Sociali Regionali e gli Istituti Bancari finalizzato all’attivazione di finanziamenti individuali da parte delle Banche a costo zero e a tasso zero a lavoratori dipendenti di aziende in crisi.

In attesa dell’effettiva entrata a regime dei sistemi e procedure da parte delle banche aderenti, si ritiene opportuno porre in evidenza i principali criteri operativi dei suddetti accordi e gli eventuali vincoli e conseguenze che ne scaturiscono per i datori di lavoro.

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Soggetti destinatari

Tutti i lavoratori (anche soci lavoratori, lavoratori agricoli e della pesca) destinatari di tutti i trattamenti di integrazione al reddito di cui agli articoli da 19 a 22 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, e cioè:

  • trattamento di integrazione salariale ordinario ex Covid-19,
  • trattamento di integrazione salariale in deroga ex Covid-19,
  • cassa integrazione guadagni straordinaria, anche in deroga per altre causali
  • assegno ordinario FIS

i cui i datori di lavoro che non hanno le condizioni per anticipare il sostegno al reddito e che abbiano sospeso dal lavoro gli stessi a zero ore e non a zero ore ed abbiano fatto domanda di pagamento diretto da parte dell’INPS del trattamento di integrazione salariale

Modalità operative

Il lavoratore dovrà presentare la domanda su apposito modulo fornito dalla banca aderente e secondo quanto riportato in allegato, nonché secondo le procedure in uso presso la Banca interessata.

Tale domanda richiede necessariamente, quale condizione per l’accoglimento, il consenso del datore di lavoro che dovrà essere espresso mediante la sottoscrizione della clausola di benestare in calce alla domanda.

Successivamente, il/la lavoratore/trice e/o il datore di lavoro informeranno tempestivamente la Banca interessata circa l’esito della domanda di trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19.

Infatti, l’apertura di credito con la banca cesserà con il versamento da parte dell’INPS del trattamento di integrazione salariale– che avrà effetto solutorio del debito maturato – e, comunque, non potrà avere durata superiore a sette mesi.

In caso di mancato accoglimento della richiesta di integrazione salariale, ovvero allo scadere del termine dei sette mesi qualora non sia intervenuto il pagamento da parte dell’INPS, la Banca potrà richiedere l’importo dell’intero debito relativo all’anticipazione al lavoratore che provvederà ad estinguerlo entro trenta giorni dalla richiesta.

 In caso di inadempimento del lavoratore la Banca informerà il datore di lavoro circa il saldo a debito del conto corrente, il datore di lavoro stesso provvederà a versare sul conto corrente dedicato gli emolumenti correnti, differiti e il TFR alle ordinarie scadenze contrattuali o di legge, fino a concorrenza degli importi non versati sul conto corrente.

Vincoli e conseguenze per il datore di lavoro

Il datore di lavoro che esprima il proprio consenso all’anticipazione con la sottoscrizione della clausola di benestare si espone al vincolo della responsabilità solidale in caso di omesse o errate comunicazioni alla banca ovvero a fronte del mancato accoglimento - totale o parziale – della richiesta di integrazione.

Ciò significa che, qualora la richiesta di integrazione salariale non venga accolta o allo scadere del termine dei sette mesi qualora non sia intervenuto il pagamento da parte dell’INPS, il datore di lavoro è obbligato nei confronti della banca alla restituzione di quanto anticipato al pari del lavoratore.

Pertanto, in altri termini ancora, la banca potrà richiedere l’intero importo anche al datore di lavoro che dovrà comunque provvedere entro 30 giorni.

Va precisato che, in ogni caso, l’impegno economico dell’azienda nei confronti della banca non sarà mai superiore agli emolumenti diretti e/o differiti maturati dal lavoratore nei confronti dell’azienda stessa.

 

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17-04-2002                                                                                                                                                                                                                                  Avv. Elisabetta Vanni